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Diagnostica per immagini dei traumi di fegato, milza e pancreas


Alfredo SIANI - Orlando CATALANO

Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radiologia Interventistica - Ospedale S.Maria delle Grazie - ASL Na2 - Pozzuoli



L'approccio diagnostico al paziente con trauma addominale chiuso ha subito negli ultimi anni diverse modifiche, dovute al contribuire di svariati fattori, sia clinici sia radiologici.
Sul piano clinico si è definitivamente andato affermando, nel corso degli anni '90, il valore del trattamento conservativo, non operatorio delle lesioni traumatiche del fegato e della milza. In quest'ottica, il ruolo del diagnosta per immagini è divenuto sempre più complesso, spettando primariamente a questi il compito di classificare idoneamente il paziente, definendo lo stadio del trauma e quindi la sua modalità di gestione, nonché di monitorizzare nel tempo i casi trattati in maniera non-operatoria, al fine di identificare precocemente quelli ad evoluzione non ottimale e tale da richiedere un intervento chirurgico, seppur differito. Se è vero che la decisione finale spetta fondamentalmente al chirurgo, ed al trauma team nel suo complesso, è anche vero che gli elementi su cui poggia il decision making sono forniti in amplissima parte dalla diagnostica radiologica e che quindi errori metodologici od interpretativi di questi possono risultare determinanti. In tal senso, la codifica di sistemi di stadiazione universalmente riconosciuti, quali quelli elaborati negli ultimi anni dalla A.A.S.T., l'associazione americana di chirurgia traumatologica, rappresenta un ausilio di sempre maggiore impiego.
Dal punto della diagnostica per immagini, la diffusione oramai capillare sul territorio delle macchine moderne di ecografia e TC, pone il radiologo in prima fila nella valutazione iniziale e nel follow-up del trauma chiuso dell'addome. I tempi sono maturi per una codifica di trauma center moderni con i relativi assetti strutturali ed organizzativi.
Inoltre, le metodiche di imaging hanno subito diverse recenti innovazioni tecnologiche con riflessi sulla diagnostica traumatologica.
In ambito TC, le apparecchiature multistrato permettono lo studio, con elevata risoluzione spaziale e di contrasto, di segmenti corporei più ampi del passato e/o la valutazione multipassaggio di tali segmenti. Un'ottimizzazione della fase contrastografica è necessaria a tale scopo, anche al fine di evitare i trabocchetti potenziali; quando possibile è sempre preferibile ottenere sia un'acquisizione basale dell'addome superiore che uno studio contrastografico con doppia acquisizione spirale, precoce e tardiva.
La TC resta la metodica principe nello studio dei traumi dell'addome superiore e del paziente con politrauma. Tutti pazienti con lesioni d'organo, adeguatamente selezionati dall'ecografia e sufficientemente stabili dal punto di vista emodinamico, dovrebbero essere sottoposti ad un accurato studio confermativo con TC, il solo attualmente che consente un preciso bilancio dell'entità del trauma.
I vari sistemi di grading TC, ancorché non sempre utilizzati ed utilizzabili nella pratica clinica quotidiana, si correlano validamente con le scale clinico-chirurgiche e quindi con la prognosi del paziente. E' auspicabile una progressiva e definitiva standardizzazione di questi sistemi diagnostico-prognostici, tale da essere ubiquitariamente utilizzata nella diagnostica traumatologica.
Per ciò che concerne l'ecografia, l'imaging armonico, le tecniche di eco-color-Doppler e power-Doppler, nonché le metodiche contrasto-specifiche in scala dei grigi hanno aperto nuove opportunità alla diagnostica traumatologica. L'ecografia può quindi porsi sempre più quale metodica di screening iniziale del paziente con trauma addominale, selezionando i casi che effettivamente richiedono uno studio TC. Riprova ne è la popolarità che ha raggiunto negli ultimissimi anni l'ecografia negli Stati Uniti, seppur sottoforma della tecnica cosiddetta F.A.S.T.: se è vero che questa metodica, una sorta di "rapida occhiata" ai recessi peritoneali praticata prevalentemente dai medici d'urgenza, è assolutamente discutibile per modi e possibilità nello studio paziente emodinamicamente stabile, è anche inconfutabile che questo può essere un modo per recuperare la metodica ecografia, in un paese che non la ha mai molto amata e che soprattutto non la ha mai capita.
I vantaggi dell'ecografia sono quelli di sempre, la rapidità di esecuzione, l'immediatezza di interpretazione, la trasportabilità, il basso costo, la bassa invasività radiobiologia e farmacologia. Tuttavia l'elevata risoluzione e digitalizzazione delle apparecchiature attuali aumentato l'affidabilità della metodica, dotata comunque di una buona accuratezza complessiva ed in grado di agire validamente da procedura di valutazione iniziale del paziente con trauma addominale chiuso.
L'ecografia è in grado di identificare anche minime falde di liquido peritoneale, mettendo in guardia sulla presenza di una lesione traumatica addominale. II limite maggiore della metodica ecografica resta quello della minore sensibilità nel riconoscere le lesioni parenchimali associate, specie epatiche. Particolarmente a rischio di falsa negatività ecografia sono quindi i traumi d'organo non associati, al momento della valutazione iniziale, con un emoperitoneo.
Nell'ottica in particolare del trattamento non-operativo, infine, anche la "vecchia" angiografia può trarre nuova linfa, specie in fase di supporto terapeutico, allorquando le attuali tecniche interventive consentono di trattare, in maniera mininvasiva, problematiche quali fonti emorragiche, pseudoaneurismi, ischemie d'organo. E' auspicabile una maggiore diffusione e disponibilità sul territorio delle procedure percutanee.


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