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RADIODIAGNOSTICA DEI TRAUMI DEL RACHIDE


U. Salvolini, G. Polonara
Neuroradiologia - Università degli Studi di Ancona


La valutazione della colonna vertebrale rappresenta un momento fondamentale nello studio del soggetto poli-traumatizzato. L’identificazione precoce di una lesione traumatica spinale consente di prevenire ulteriori danni inconsapevoli nella gestione di un paziente con lesioni multiple e di pianificare un appropriato trattamento. La stabilizzazione di una colonna instabile riduce l’incidenza di danni midollari secondari, consente una più facile gestione del paziente e una più precoce mobilizzazione, riduce il rischio di dolore cronico o deficit neurologici progressivi. Ci possono essere gravi conseguenze se l’esame radiologico non è appropriato, l’interpretazione delle immagini non è corretta, il trattamento non è adeguato.

La radiografia del rachide attualmente rappresenta lo strumento diagnostico di screening nei traumi spinali minori. La tomografia computerizzata, fornendo informazioni dettagliate sullo stato di ciascuna struttura ossea in esame, rappresenta la tecnica di screening nei soggetti poli - traumatizzati gravi, o di approfondimento delle lesioni traumatiche vertebrali sospette o note alla radiografia convenzionale o alla risonanza magnetica. La RM consente di studiare le lesioni traumatiche vertebrali (alterazioni della morfologia e del segnale del segmento vertebrale) e, soprattutto, rappresenta l’unica tecnica in grado di rilevare direttamente le alterazioni delle strutture legamentose (legamento longitudinale anteriore, posteriore, inter-laminari e inter-spinosi), le lesioni compressive epidurali (ematomi, ernia discale), e gli eventuali danni al midollo spinale (contusione, ematomielia, lacerazione – transezione parziale o completa). La RM talvolta è meno precisa nel delineare le fratture dell’arco posteriore, delle apofisi trasverse e dei processi spinosi; appare sensibile quanto le ricostruzioni multiplanari degli studi volumetrici in TC nell’identificazione di lussazioni vertebrali e articolari. La RM fornisce anche informazioni sullo stato del midollo, e per questo dovrebbe essere l’esame di scelta nello stadio acuto nei soggetti con obiettività positiva all’esame clinico neurologico.

Una questione essenziale alla quale il bilancio radiologico deve rispondere è quella della stabilità del rachide; questa dipende almeno tanto dalle fratture quanto dalle lesioni legamentose. Per la valutazione dell’instabilità vertebrale sono stati proposti una serie di criteri, basati sulla semeiotica applicata alla radiologia convenzionale, estesi nel tempo alla tomografia computerizzata e alla risonanza magnetica. Denis nel 1983 ha divulgato il metodo cosiddetto “delle tre colonne”: la colonna anteriore comprende il legamento longitudinale anteriore e i 2/3 anteriori del corpo vertebrale, la colonna intermedia il terzo posteriore del corpo vertebrale e il legamento longitudinale posteriore, la colonna posteriore tutte le strutture ossee e legamentose posteriori rispetto al legamento longitudinale posteriore.  Se il danno coinvolge una singola colonna non comporta una rilevante riduzione della stabilità; la distruzione di due colonne contigue provoca instabilità vertebrale. Un giudizio sulla stabilità della colonna può essere inoltre formulato ricercando i cinque segni radiologici proposti da Daffner nel 1990, indicativi di una grave lesione scheletrica, legamentosa o articolare, la presenza di anche uno solo dei quali è sufficiente per far considerare la lesione instabile: a) lo spostamento anteriore, posteriore, laterale di una vertebra o della maggior parte di essa per più di 2 mm rispetto alle vertebre adiacenti; b) l’allargamento dello spazio inter-laminare ed interspinoso maggiore di 2 mm rispetto ai livelli adiacenti; c) l’allargamento dello spazio articolare interapofisario, il disallineamento  o la perdita di contatto tra le faccette contigue; d) l’interruzione della linea posteriore dei corpi vertebrali associata a frattura o dislocazione del margine vertebrale posteriore; e) l’allargamento segmentario del canale vertebrale con incremento della distanza interpeduncolare maggiore di 2 mm rispetto ai livelli adiacenti.

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