ROULO DELLA TCMS NEL FOLLOW-UP DELL'ENDOPROTESI AORTICHE ADDOMINALI

M. Mariano, D. Pinto*, M. Schiavariello, A. Maggialetti
U.O radiodiagnostica P.O. "L. Bonomo" AUSL BA/1 Andria (Ba)
*Ricerche Radiologiche, Molfetta (Ba)


L'aneurisma è una dilatazione circoscritta, permanente e progressiva di un vaso arterioso con un aumento del calibro superiore al 50% rispetto a quello normale.
L'incidenza della patologia aneurismatica addominale attualmente è pari a 20-40 nuovi casi per 100000 abitanti/anno; in caso di rottura la mortalità raggiunge valori del 90% e di tali pazienti il 70% decede prima di poter essere sottoposto ad intervento chirurgico.
La chirurgia tradizionale rappresenta tuttora il trattamento maggiormente utilizzato, tuttavia, gravato da un indice di mortalità del 6,5%, che aumenta notevolmente (31%) in caso di fattori di rischio di tipo cardio-polmonare.
Rispetto al trattamento chirurgico a cielo aperto la procedura di posizionamento di endoprotesi per via trans-femorale (EVAR) comporta una riduzione dei rischi intra e peri-operatori (morbilità 12%, mortalità 2,7%); tuttavia presenta l'insorgenza di complicanze in rapporto all'anatomia ed al tipo di materiale endoprotesico. Tali fattori sono responsabili della migrazione dell'endoprotesi, della rottura , della trombosi e della comparsa di endoleak.
Nel follow-up dopo posizionamento di endoprotesi aortica, la diagnostica per immagini consente di monitorare i pazienti, di riconoscere e di escludere l'insorgenza di eventuali complicanze. L'angiografia ha un ruolo limitato nel monitoraggio post-operatorio, consentendo tuttavia il riconoscimento di complicanze con una sensibilità e specificità rispettivamente del 63% e 77%, ma per la sua invasivita' sono da preferirsi metodiche di studio non invasive come l'eco-color-Doppler (ECD) e la Risonanza Magnetica (RM).
L'impiego dell'ECD e della RM nel controllo dopo intervento di EVAR è condivisa da molti Autori in letteratura, con risultati tuttavia discordanti in quanto, nel caso della RM, la presenza di artefatti legati al materiale endoprotesico possono mascherare o simulare la presenza di trombosi e nel caso dell'ECD l'esame può risultare limitato dalla struttura fisica (obesità) del paziente e fortemente dipendente dalla esperienza dell'operator. L'impiego di mezzi di contrasto ecografici sembrerebbe migliorare l'accuratezza diagnostica della metodica nel riconoscimento di endoleak di piccole dimensioni e a basso flusso e da alcuni Autori è stata proposta come metodica alternativa o complementare alla TC. Tali risultati tuttavia, necessitano di una più ampia validazione clinica.
Pertanto la TC effettuata con apparecchiature Multidetettore rappresenta la metodica di riferimento nel riconoscimento dei vari tipi di complicanze.
Infatti l'avvento della tecnologia multidetettore ha permesso di superare i limiti delle apparecchiature a singolo detettore, caratterizzate da lunghi tempi di scansione e copertura di volumi ridotti.
L'incremento della risoluzione spaziale delle apparecchiature multidetettore per effetto del voxel isotropico e l'ottimizzazione dell'utilizzo del mezzo di contrasto endovenoso hanno aumentato l'accuratezza diagnostica nel riconoscimento dei vari tipi di complicanze dopo EVAR per la possibilità di ottenere un imaging di elevata qualità sia sul piano assiale che utilizzando ricostruzioni bidimensionali come le ricostruzioni multiplanari (MPR) sia di tipi tridimensionale come le ricostruzioni di massima intensità di proiezione (MIP). Per tali motivi i valori di sensibilità e specificità nel riconoscimento delle complicanze dopo EVAR hanno raggiunto valori rispettivamente del 92 % e 90 %.

PARAMETRI TECNICI

L'acquisizione delle immagini è stata effettuata con due differenti tipi di apparecchiatura TCMD: Toshiba Asteion 2 det. e Philips Brilliance 16 det.
Indipendentemente dalla tipologia di apparecchiatura TCMD utilizzata l'obiettivo dell'indagine è stato quello di ottenere una elevata risoluzione spaziale e di ottimizzare l'impiego del mdc endovenoso, per consentire una ottimale opacizzazione delle strutture vascolari e ricostruzioni di buona qualità.
Il protocollo di studio utilizzato con apparecchiatura a 2 slice ha previsto uno spessore di strato di scansione di 3 mm, velocità di rotazione del tubo di 0,75s, pitch 3,5, con kV 120 e mAs 200.
Il mdc non ionico (Iomeron 400, Bracco) è stato iniettato nella vena anticubitale attraverso un ago-cannula 16-18 Gauge, con un iniettore automatico (MK-IV Medrad). I parametri di iniezione del mdc sono stati: volume 2 ml per Kg di peso corporeo, velocità di iniezione non inferiore a 3,5 ml/s. L'inizio dell'acquisizione è stato stabilito con sistema automatico Sure Start (Toshiba) che consente una precisa sincronia con il tempo di picco della opacizzazione aortica. Successivamente è stato effettuata l'acquisizione di una fase venosa (ritardo di circa 60s).
Il protocollo di studio utilizzato con apparecchiatura a 16 slice ha previsto: collimazione 16x0,75, tickness 2mm, incremento 1mm, pitch 0,7, rot.time 0,5sec, Kv 120, mAs 200, FOV 420.
Il mdc (Iomeron 400, Bracco) e' stato sommininistrato mediante ago-cannula 16-18 G con iniettore automatico doppia via (Stellant Medrad) con i seguenti parametri: 80 cc ad una velocita' di 4ml/sec seguiti da 20 cc di fisiologica alla medesima velocita'
In tutti i pazienti sono state eseguite acquisizioni prima e dopo iniezione di mdc dalle cupole diaframmatiche alla sinfisi pubica. Lo studio senza mdc è necessario per individuare la presenza di calcificazioni o della parete aortica o dell'eventuale trombo parietale che potrebbero simulare la presenza di piccoli endoleak nella fase contrastografica.
Inoltre nella interpretazione delle immagini è raccomandabile l'uso di adeguate finestre e livelli, tali da permettere simultaneamente il riconoscimento del lume opacizzato dal mdc, delle strutture dello stent-graft e quindi della eventuale presenza di leak endoprotesico o di trombosi.
I dati ottenuti con entrambi i tipi di apparecchiature sono stati rielaborati con software che hanno fornito ricostruzioni di tipo MPR, MIP e Volume Rendering.
Nel follow-up l'esame TC dopo posizionamento di endoprotesi è previsto dopo 2-4 giorni dalla procedura, dopo 3 mesi, e successivamente ogni 6-12 mesi.

IMAGING DELLE COMPLICANZE

Dopo posizionamento di una endoprotesi dell'aorta addominale i parametri TC da valutare sono:
  • Il corretto posizionamento dell'endoprotesi,
  • La trombosi
  • La presenza di infezioni periaortiche;
  • Variazioni di calibro del sacco aneurismatico;
  • La pervietà dei rami collaterali dell'aorta addominale;
  • La presenza di leak endoprotesici.
La sede, l'angolazione e la corretta apertura dell'endoprotesi sono parametri ben valutabili con apparecchiatura multidetettore e devono essere attentamente analizzati anche perché i primi modelli di stent-graft presentavano un'incidenza elevata (70%) di curvature ed inginocchiamenti che potevano compromettere la pervietà del lume. Con la TCMD è possibile riconoscere le cause di un ancoraggio non adeguato legate anche a variazioni della morfologia della sacca aneurismatica che possono determinare il distacco e lo spostamento della protesi o dei suoi diversi componenti.
Facilmente riconoscibile è anche la presenza trombosi dell'endoprotesi, responsabile di stenosi di grado variabile fino all'occlusione completa, con possibilità di stabilire, utilizzando i vari tipi di ricostruzione, la reale estensione del trombo endoluminale.
Rispetto alla angiografia, in maniera non invasiva, la TCMD riconosce una delle complicanze più frequenti: l'endoleak, definita da White come "condizione caratterizzata dalla presenza di flusso ematico al di fuori della protesi ma all'interno dell'aneurisma"; in letteratura è riportata un'incidenza del 5-44%. Tale evenienza può manifestarsi precocemente, al termine dell'intervento, o in maniera tardiva, e comporta il rischio di rottura della parete aortica. Il 50% degli endoleak fortunatamente si risolve spontaneamente.
Sono stati individuati vari tipi di endoleak:
  • Tipo I - PERIGRAFT OR GRAFT RELATED: dovuto ad un inefficace ancoraggio prossimale (1a) o distale (1b). La comparsa di tale endoleak (0-10%) è da attribuire alla inadeguata selezione dei pazienti al tipo di endoprotesi e alla esperienza dell'operatore
  • Tipo II - RETROGADE OR NOT GRAFT RELATED: questo tipo di endoleak (10-25%) è riconoscibile alla TCMD nelle acquisizioni tardive ed è generato dalla presenza di flussi retrogradi in collaterali dell'aorta addominale (a. lombari, a. mesenterica inferiore).
  • Tipo III - FABRIC TEAR OR MODULAR DISCONNECTION: è legato alla presenza di un difetto (soluzione di continuità) del tessuto protesico o per la sconnessione degli elementi modulari protesici.
  • Tipo IV - GRAFT POROSITY: è sostenuto dalla presenza di porosità del tessuto della protesi
  • Tipo V - ENDOTENSION o ENDOPRESSURE: aumento dimensionale del sacco aneurismatico in assenza di flusso, generato da rifornimenti ematici difficilmente evidenziabili con le immagini convenzionali.
La TCMD, rispetto alle apparecchiature a singolo detettore, consente una migliore valutazione delle complicanze che richiedono una conversione chirurgica, immediata o a distanza, stimata in letteratura intorno al 3-10%. Inoltre i software di ricostruzione bi- e tridimensionali forniscono maggiori informazioni utili per una corretta pianificazione chirurgica.
Pertanto il suo utilizzo nel follow-up dei pazienti con endoprotesi è da considerarsi esame indispensabile, ripetibile, di prima istanza, di facile esecuzione quando si utilizzano protocolli codificati ed è inoltre metodica ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti.

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A



Fig 1 : ricostruzione MPR sagittale (A) e scansioni assiali (B, C, D) di apposizione tombotica intra-stent a livello della parete anteriore dell'aorta ed in corrispondenza della parete laterale dell'iliaca comune destra.



Fig 2 : scansioni assiali (A, B, C) e ricostruzione Volume Rendering (D) di endoleak tipo II tramite arteria lombare (freccia).