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Valutazione morfologica e funzionale (p MRI) in pazienti con stenosi carotidea severa unilaterale.


P. Spagnolo, S. Armenise, T. Condò, M. Stefanelli, M. Dimonte, A. Martinucci
Servizio di Radiologia A.O. Card, Panìco, Tricase, Lecce

INTRODUZIONE
Scopo di tale protocollo è quello di fornire al chirurgo un serie di indicazioni all'intervento chirurgico, più complesse ed articolate rispetto al semplice dato relativo alla percentuale di stenosi, tradizionalmente adoperato come elemento critico per l'approccio chirurgico.
Per quanto riguarda lo studio morfo-funzionale della patologia aterosclerotica carotidea si è visto infatti che anche le caratteristiche morfologiche della placca, in particolare alcuni elementi suggestivi di instabilità, sono indicatori di un elevato rischio trombo-embolico e pertanto di pertinenza chirurgica.

MATERIALI E METODI
Lo studio è stato effettuato con apparecchiatura RM Philips NT 10 da 1 Tesla, con gradienti della potenza di 23 mT/M (Power Track 3000); la valutazione dei vasi carotidei e dei tronchi sopraortici è stata eseguita, mediante una bobina phase-array.
Le sequenze utilizzate sono sia sequenze angiografiche che sequenze morfologiche atte alla valutazione dei tessuti stazionari. Lo studio dell'encefalo è stato condotto con sequenze morfologiche TSE e TFLAIR T2 dipendenti, SE T1 dipendenti, mentre le sequenze angiografiche, sono sia di tipo PC 2D direzionali per lo studio degli eventuali compensi a livello del poligono di Willis, che sequenze TOF 3D Multi-Chunks per una ampia valutazione morfologica panoramica del distretto arterioso intracranico.
Si passa quindi allo studio dei tronchi sovra-aortici, in particolare su una sequenza di localizzazione della biforcazione carotidea in PC, si posiziona una sequenza TOF/3D di tipo multi-chunks ( 4-5 volumi sovrapposti ) che consenta di ottenere una valutazione panoramica delle carotidi comuni, delle biforcazioni e delle diramazioni carotidee.
A seguire, sulla sede della stenosi si posizionano sequenze TSE per la valutazione morfologica della placca, in particolare si eseguono sequenze T1 e PD dipendenti, con saturazione del grasso, trigger cardiaco e presaturazioni per ridurre gli artefatti da turbolenza da flusso.
Successivamente sono state eseguite sequenze angiografiche con tecnica CE-MRA durante l'iniezione automatica di mdc paramagnetico, effettuata con iniettore RM compatibile (Spectris Medrad). Usualmente sono stati somministrati 20 ml di mdc paramagnetico alla dose di 2ml/sec seguiti, con uguale velocità, dalla stessa quantità di soluzione fisiologica, per un totale standard di 40 ml ( bib.).
E' stata utilizzata una tecnica denominata "Bolus Track" caratterizzata dal controllo "fluoroscopico" dell'arrivo del mdc paramagnetico nella regione dei vasi del collo attraverso una sequenza 2D; ad essa segue, interpolandosi, una sequenza 3D di acquisizione così strutturata: FOV 250, Overcontiguous slices, TR 4.3, TE 1.5, FA 45°, NSA 1. Il numero di slices, il FOV rettangolare e lo "scan percentage" variano in funzione della sequenza 3D prescelta condizionando di conseguenza il tempo richiesto per la acquisizione che oscilla tra 8-15 e 30-35 sec. Il vantaggio di quest'ultima sequenza risiede nella possibilità di aumentare il numero di slices (da 50 a 75) e di ridurre lo spessore di strato da 0,75-0,80 mm sino a 0,6 mm.
L'ordine di inserimento dei profili nello spazio K è sempre di tipo "ellittico" che consente di acquisire dapprima i profili centrali dello spazio K, che determinano la risoluzione di contrasto all'arrivo del bolo, e progressivamente i profili periferici, che determinano invece la risoluzione spaziale.
La sequenza 2D presenta invece un FOV particolarmente ampio (350 mm) per poter meglio apprezzare l'arrivo dei mdc in corrispondenza dei tronchi sopraortici (TR 7, TE 1.8, FA 50°), con la possibilità di ottenere sino a 100 immagini dinamiche su di un unico volume dello spessore di 70 mm, con tempo di acquisizione di 0,9 sec per immagine.
Lo studio morfologico è stato completato con la sequenze TSE T1 assiale eseguita dopo la somministrazione di mdc paramagnetico.
Terminato tale studio, dopo una pausa di circa 1 ora, è stato eseguito lo studio di perfusione cerebrale con una sequenza 3D di perfusione (PWI Perfusion Weighted Imaging), denominata PRESTO (Principles of Echo Shifting with of Train of observations) (TR 20, TE 30, FA 8, TH 6mm, Echo Train Lenght 5, TA 1,17 sec) con 30 slices ripetuti per x e con durata di ogni singola scansione dinamica di 1,9 sec; la somministrazione del bolo di mdc paramagnetico avviene alla velocità standard di 4 ml/sec.
La elaborazione delle immagini di perfusione è stata effettuata con stazione "Easy Vision", con software dedicato che ha consentito elaborazioni numeriche di aree delimitate da ROI disegnate manualmente, quindi a bordi irregolari ma speculari tra i due emisferi, tracciate sia a livello dei territorio di distribuzione centrale dei grossi vasi cerebrali, in particolare la A. cerebrale media, che a livello delle zone di confine, tra a. cerebrale anteriore e media e tra media e posteriore. In particolare in un'unica ROI è stata accuratamente inclusa una sottile porzione del tessuto cerebrale a cavallo dei diversi territori, nel tentativo di svincolare il calcolo delle mappe dalla influenza "territoriale" esercitata direttamente dai singoli grossi vasi di distribuzione.
L'elaborazione delle mappe di perfusione avviene automaticamente, dopo l'impostazione di una soglia visiva di valori, nel cui ambito rimane incluso il tessuto cerebrale in tutte le immagini dinamiche, e la successiva soppressione sia delle prime immagini, per le quali la sequenza non è ancora stabilizzata per il pieno rilevamento delle caratteristiche di suscettibilità magnetica, che delle immagini con artefatti da movimento ed, eventualmente di quelle successive al secondo ricircolo di mdc. Il filtro di ricostruzione dei pixels non è stato utilizzato nella maggior parte dei casi o nelle immagini in cui visivamente maggiore è stata la difficoltà di riconoscere differenze significative di segnale tra territori contigui, è stato adottato un filtro (kernel) 3x3 o, in rare situazioni, 5x5.
Fino ad oggi sono stati studiati con tale protocollo 15 pazienti, inviatici dai chirurghi vascolari e selezionati in base alla storia clinica ed ai dati ECD, a partire dal gennaio 2002; in particolare abbiamo valutato tutti i pz per i quali l'esame ECD evidenziava una stenosi emodinamicamente significativa e/o placche con elementi di disomogeneità suggestivi di instabilità.






DISCUSSIONE
Tradizionalmente la percentuale di stenosi intraluminale ha rappresentato la principale modalità di misurazione della malattia aterosclerotica; studi angiografici hanno dimostrato che una lieve o moderata stenosi delle arterie coronarie può determinare un infarto del miocardio, suggerendo pertanto che il grado di stenosi non rappresenta l'unico elemento predittivo di complicanze cliniche, mentre numerosi studi isto-patologici hanno dimostrato che l'erosione della placca e/o la sua rottura costituiscono aspetti morfologici comunemente presenti nelle placche sintomatiche.
I dati relativi alla maggiore incidenza di eventi tromboembolici coronarici di maggiore gravità legati alla rottura di placche ateromasiche, sembrano confermare l'ipotesi che in caso di placche non emodinamicamente significative, le sindromi ischemiche costituiscono la conseguenza di trombi murali occlusivi o embolici che si sviluppano dopo la rottura della placca. Alcuni autori hanno pertanto suggerito che le lesioni ateromasiche a rischio di rottura possono essere riconosciute in base alla loro morfologia: in particolare per il loro prevalente contenuto centrale necrotico ( core necrosis ) o per la presenza di emorragie all'interno della placca separate dal lume vascolare da un sottile ed instabile cappuccio fibroso o ancora per la caratterizzazione del cappuccio fibroso, visualizzabile come una banda di ipointensità periluminale, e differenziabile in base al suo aspetto come intatto e spesso, intatto e sottile ed interrotto.
I due aspetti fondamentali delle lesioni ad alto rischio di rottura sono quindi costituiti:
dalla presenza di una estesa componente soffice centrale
dallo stato del cappuccio fibroso che può essere intatto, sottile, rotto e infiltrato da cellule infiammatorie.
L'impiego delle metodiche per immagine dovrebbe essere quindi rivolto al riconoscimento di queste condizioni patologiche predisponenti alla complicanza trombo-embolica, consentendo di. identificare le differenti componenti istologiche della placca con differenti caratteristiche di segnale RM, in particolare le placche fibrose, lipidiche e calcifiche.
Accanto a tale valutazione, puramente morfologica, coesiste un interesse nei confronti delle moderne metodiche di valutazione della emodinamica cerebrale, ed in particolare della RM, legato alla possibilità di ottenere in maniera semplice, veloce ed affidabile informazioni relative alla alterazioni della emodinamica del circolo cerebrale da malattia occlusiva cerebro-vascolare e di selezionare pazienti a rischio di stress emodinamico (3,10) meritevoli di trattamento chirurgico e/o intervenzionistico carotideo.
Quando la pressione di perfusione cerebrale scende al di sotto della soglia di autoregolazione si instaurano meccanismi di compenso che, se da un lato consentono all'encefalo di mantenere le proprie funzioni, comportano d'altro canto alterazioni emodinamiche che possono essere ampie, con riduzione della riserva vasomotoria e maggiore esposizione all'evento ischemico, o locali, con conseguente riduzione della perfusione di alcuni territori che risultano più suscettibili agli effetti locali di microemboli (36, 54). Tale eventi compensatori emodinamici sono strettamente connessi più con la formazione di circoli di compenso intra ed extracranici che con l'entità della stenosi carotidea, e sono ampiamente valutabili con alcune mappe di perfusione cerebrale, soprattutto lo MTT, meglio di quanto non facciano le classiche immagini RM; tanto che le alterazioni dell'MTT lungo le aree di distribuzione vascolari dei vasi interessati da patologia, sarebbero evidenti quando ancora le alterazioni nelle immagini T2 dipendenti sono assenti, minime e/o non correlate con il grado di stenosi o circolo collaterale (29).
Studi in pazienti sintomatici con stenosi carotidea hanno permesso di osservare differenze statisticamente significative tra i due emisferi con incremento dell'MTT dal lato ipoperfuso, compatibili sia con riduzione del flusso nel tessuto ipoperfuso che col macrocircolo di compenso, mentre la mappa del rCBV forniva solo minime indicazioni sui cambiamenti compensatori della riserva tessutale e della risposta vascolare nei confronti dello stress ischemico. I dati ottenibili nelle varie mappe possono variare in relazione alla modalità di posizionamento delle ROI che delimitano i territori di distribuzione vascolare, che sono presi sia nel territorio di distribuzione centrale della A. Cerebrale Media che in sede periferica; i dati ottenuti da alcuni autori (29) che rilevano differenze significative nell'MTT nei territori corticali delle aa. cerebrali in pazienti con stenosi carotidea, sono stati ottenuti posizionando le ROI su aree che nelle mappe di MTT presentavano differenze di colore visivamente rilevabili. Altri autori (22) hanno invece valutato le ROI di territori vascolari di ampie dimensioni: abbiamo anche noi posizionato lunghe ROI lungo territori che includevano parzialmente e contemporaneamente i territori di distribuzione vascolare di A. Cerebrale Anteriore, A. Cerebrale Media e A. Cerebrale Posteriore: bisogna essere in tal caso consapevoli del fatto che così operando si verifica necessariamente un abbassamento della media dei valori delle mappe, per la difficoltà oggettiva di avere contemporaneamente alterazioni di microcircolo che coinvolgano più territori vascolari di confine. Abbiamo però preferito operare in tal senso, pur sapendo che i risultati sarebbero stati meno conclamati e di più difficile interpretazione.
Il nostro studio inoltre, che prevedeva sia una acquisizione ARM morfologica che una serie di sequenze da cui si evincesse la patologia direzione del flusso, ci ha consentito di stabilire la presenza dei vasi attraverso cui normalmente si realizza il compenso; ad eccezione di 4 pazienti in cui le ACA apparivano ipoplasiche, non si sono rilevati dati morfologici che dimostrassero ulteriori possibilità di compenso patologico.
In almeno due casi di stenosi severa alle marcate alterazioni morfologiche sulla a. carotide corrispondevano circoli patologici con inversione della direzione di flusso nel Willis: abbiamo avuto così dimostrazione di una condizione di ridotta perfusione cerebrale, con contemporanee alterazione del macrocircolo.
I risultati da noi ottenuti in pazienti con stenosi severa confermano sostanzialmente la elevata sensibilità dell'MTT, con valori medi di differenza interemisferica significativi, ma anche situazioni in cui l'entità del cambiamento emodinamico non era sufficiente per dare significatività alla mappa pur in presenza di stenosi elevata. Al contrario spesso stenosi moderate, attorno al 70% presentavano già importanti ritardi dal lato stenotico confermando il rapporto lineare esistente con la riduzione della pressione di perfusione: possiamo ipotizzare in tal caso che la stenosi possa essere di vecchia data.
Si sono rilevati una serie di problemi relativi al reclutamento dei pazienti da sottoporre a questo esame: costituirebbe sicuramente comportamento più adeguato separare lo studio morfologico da quello funzionale; inoltre c'è il rischio di "perdere per strada" i pazienti poiché l'esame non è ancora attualmente conosciuto sia dai medici di base che dalla maggior parte dei neurologi e dei chirurghi vascolari, che costituiscono le categorie che maggiormente indirizzano verso lo studio RM.

CONCLUSIONI
L'orientamento attuale nella letteratura internazionale e nella pratica clinica dei chirurghi vascolari, per i pz candidati all'intervento chirurgico di endoarterectomia, è quello di includere quali criteri pre-operatori non unicamente il classico grado di stenosi, ma anche la presenza di elementi di instabilità della placca, altamente predittivi di elevato rischio trombo-embolico. In quest'ottica l'approccio ECD tradizionalmente in grado di fornire sia dati morfologici che funzionali, deve essere affiancato da un'altra metodica capace di confermare o eventualmente approfondire tali dati, superando la notevole variabilità di tale approccio diagnostico, notoriamente operatore dipendente.
Il protocollo ARM da noi applicato per lo studio morfo-funzionale della patologia ateromasica della biforcazione carotidea ci ha consentito una buona caratterizzazione morfologica della placca, con dei risultati in parte sovrapponibili, in parte superiori all'indagine ECD.
In particolare le sequenze Angio-RM TOF/3D si sono dimostrate utili nella caratterizzazione delle placche calcifiche e nella identificazione del cappuccio fibroso, il cui assottigliamento e/o interruzione rappresenta un chiaro indice di instabilità; le sequenze TSE T1 dipendenti sono state in grado di evidenziare la presenza di eventuale emorragia, come iperintensità di segnale, e dopo la somministrazione di mdc paramagnetico l'eventuale impregnazione della placca quale ulteriore elemento di instabilità. Se le sequenze TSE T2 dipendenti sono risultate scarsamente utili, la sequenza DP dipendente ci ha al contrario consentito l'identificazione dei lipidi presenti nel core soft della placca. In questo approccio morfologico lo studio RM ha confermato tutti i caratteri di instabilità di placca emersi alla ECD e si è rivelata superiore, quasi istologica nella identificazione delle placche emorragiche, definite semplicemente soft all'ECD.
Il completamento con sequenze angiografiche CE-MRA ottenute in corso di somministrazione di mdc paramagnetico, rispetto alla valutazione flussimetrica del Doppler, consente di ottenere una maggiore panoramicità sui tronchi sovra-aortici con le loro origini, una buona visualizzazione delle biforcazioni carotidee con una quantificazione del grado di stenosi generalmente più fedele alla realtà ed in particolare scevra dai limiti delle precedenti sequenze angiografiche ad RM TOF 2D e 3D.
Per integrare tale valutazione morfologica vascolare, sia dell'encefalo che dei tronchi sopraortici con una adeguata valutazione funzionale in perfusione dell'encefalo, nel corso della stessa seduta abbiamo però dovuto stabilire un preciso ordine nelle sequenze, per evitare che i distretti da esaminare fossero precedentemente inficiati dalla somministrazione di mdc paramagnetico, e per minimizzare comunque il tempo di gestione (mediamente sui 45 min) dei nostri pazienti anziani.
Infatti la metodica utilizzata ha dimostrato nella pratica una serie di limitazione che ci ha costretti a rivedere le modalità operative, poiché in alcuni casi iniziali, si è avuta la sottovalutazione della percentuale di stenosi sostenuta dalla placca aterosclerotica: infatti valutando dapprima la perfusione cerebrale, quindi utilizzando mdc paramagnetico, è possibile avere impregnazione di alcune placche, sia molli che fibrose, e la pur debole iperintensità può essere parzialmente rilevata pur utilizzando la tecnica CE-MRA, che prevede la lettura del primo passaggio intravascolare di mdc. Per ovviare a questo importante inconveniente, che possiamo comunque precedentemente prevedere utilizzando l'indispensabile dato Eco Doppler, l'ordine delle sequenze è stato da noi modificato ed adattato ad ogni singola situazione, compresa quella di valutare la perfusione encefalica anche a distanza di giorni.
Pertanto possiamo concludere che nell'ambito della diagnostica per immagini della malattia ateromasica della biforcazione carotidea, alle metodiche tradizionalmente impiegate come l'angiografia e l'eco-color-doppler, si è aggiunta la RM/ARM: con esse si studiano sia le alterazioni endoluminari che le alterazioni della parete vascolare. In particolare l'ECD e la RM/angio-RM possono essere utilizzate in maniera integrata per la definizione del volume, delle caratteristiche morfologiche, dinamiche e flussimetriche della placca ateromasica.
Le conclusioni che siamo invece in grado di trarre riguardo la nostra esperienza sulla perfusione cerebrale in pazienti steno-occlusi, ci consentono di ritenere affidabili i risultati espressi da alcune mappe di perfusione, nel software da noi utilizzato: nei nostri pazienti con stenosi severa, l'MTT si è dimostrato il parametro più sensibile nella stima della capacità di riserva vascolare, poiché risponde linearmente alla riduzione della pressione di perfusione. Sostanzialmente tutti i pazienti hanno presentato variazioni più o meno significative dell'MTT contrariamente ai risultati deludenti dei parametri semiquantitativi (rCBV ed rCBF), come ampiamente rilevabile in letteratura; pur sapendo in partenza che i risultati sarebbero stati meno eclatanti rispetto a quanto rilevato da alcuni autori, abbiamo egualmente preferito adottare un rilievo dell'MTT a livello delle regioni di confine, le più esposte al rischio di stress emodinamico, che prevedeva di tracciare delle ROI a cavallo tra il confine dei maggiori territori vascolari, per svincolare il più possibile tale valutazione dalle caratteristiche anatomiche del poligono del Willis.
La contemporanea valutazione dei grossi vasi arteriosi cerebrali, da noi comunque effettuata in quasi tutti i pazienti, ha comunque consentito un ulteriore conforto soprattutto quando abbiamo iniziato a valutare con tecnica Phase Contrast 2D la direzione di flusso dei possibili compensi intracranici nel Willis.
Pur con questi notevoli limiti metodologici, ma anche con arricchimenti "in corso di opera", la metodica si è dimostrata sensibile ed efficace consentendo una adeguata valutazione "globale" dei pazienti con stenosi carotidea; purtroppo abbiamo riscontrato che la valutazione con perfusione della reale entità dei circoli di compenso è apprezzabile solo all'aumentare del grado di stenosi, della sua bilateralità, o al meglio, in presenza di stenosi con occlusione controlaterale. Quindi sostanzialmente esiste un lasso ridotto di tempo per poter passare dalla diagnosi che comprenda dati di sicura interpretazione sui circoli di compenso cerebrale alla possibilità dell'evento ischemico, in cui si possa inserire al meglio la possibilità di intervento chirurgico.

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ICONOGRAFIA



FIG. 1 (A-B-C-D)Stenosi serrata dell'ACI di sinistra dall'origine, sostenuta da tessuto a segnale iperintenso in T1 e T2 con netta impregnazione dopo somministrazione di mdc paramagnetico compatibile con placca emorragica.



Fig 3. Sequenza FFE -EPI: la mappa di perfusione del Tempo di Transito Medio(MTT) dimostra ritardo di perfusione nell'emisfero di sinistra





Fig 2: Sequenza CE-MRA: immagine MIP che dimostra stenosi severa all'origine della ACI di sinistra .


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