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Imaging neuroradiologico moderno dell'ictus iperacuto


F. Nemore, G. Giannatempo, T. Popolizio, A. Stranieri, T. Scarabino

Servizio di Neuroradiologia
Dipartimento di Diagnostica per Immagini
IRCCS "Casa Sollievo della Sofferenza"
San Giovanni Rotondo (Fg)

Introduzione
L'imaging neuroradiologico dell'ischemia cerebrale è radicalmente cambiato recentemente in virtù dello sviluppo di nuove terapie specifiche (fibrinolitici) (8) capaci di rendere reversibile il danno da ischemia, e soprattutto delle migliori "performance" delle apparecchiature RM. In particolare i recenti progressi tecnologici riguardanti l'hardware (magnete, gradienti, bobine) e il software (sequenze di acquisizione ultrarapide, post-processing ) delle apparecchiature RM consentono di eseguire, in tempi drasticamente ridotti, non solo studi morfologici, essenziali per la diagnosi, ma anche e soprattutto studi funzionali, capaci di aumentare il potere diagnostico della RM in termini di sensibilità e specificità, risultando in tal modo importanti per l'inquadramento fisiopatogenetico e prognostico della patologia del sistema nervoso centrale in esame. Questa valutazione funzionale, che si sta sempre più diffondendo nell'uso clinico in combinazione con l'imaging RM convenzionale, è rappresentata soprattutto dallo studio di diffusione e di perfusione (15). Tali studi permettono una diagnosi precocissima ed affidabile in grado di guidare le scelte terapeutiche in maniera mirata. Sono infatti capaci di identificare precocemente non solo il tessuto danneggiato in modo irrimediabile (e quindi non suscettibile di trattamento) ma soprattutto quello a rischio di lesione infartuale che può avvantaggiarsi di un trattamento adeguato.

Pertanto attualmente in presenza di una lesione ischemica il ruolo del neuroradiologo è quello di fornire non solo informazioni morfologiche relative allo stato del parenchima cerebrale (presenza o meno di una lesione parenchimale recente o pregressa, ischemica o emorragica) e alle condizioni delle pareti vasali del circolo intra- ed extracranico, ma è indispensabile rilevare l'ischemia cerebrale nelle primissime ore, quando una terapia adeguata risulta più efficace, e distinguere il tessuto cerebrale normale da quello "a rischio" e da quello già irrimediabilmente danneggiato. Infatti, nell'ischemia cerebrale in fase iperacuta, mentre le immagini TC o RM convenzionali T2 pesate risultano negative o dubbie, l'imaging in diffusione è invece positivo, dimostrando le aree lesionali danneggiate irreversibilmente. La gran parte di tali aree ischemiche comprende, oltre alla zona centrale di ischemia completa, un'area periferica di ischemia incompleta a rischio di progredire in zona ischemica definitiva (cosiddetta "penombra ischemica") la cui estensione può essere rilevata con l'imaging RM di perfusione. In tal modo le indagini neuroradiologiche diventano un momento diagnostico fondamentale al fine di pianificare un trattamento efficace per poter prevenire il danno cerebrale irreversibile e quindi una disabilità purtroppo duratura. Il neuroradiologo deve quindi scegliere la modalità più adeguata per ottenere informazioni fisiopatologiche avvalendosi di molteplici metodiche di studio più o meno invasive.

Diagnostica neuroradiologica
TC

In emergenza la TC rimane l'indagine elettiva a livello encefalico perché non invasiva, più accessibile e diffusa sul territorio, facilmente eseguibile, rapida, a costo relativamente basso. In fase precoce discrimina tra evento emorragico ed ischemico, differenzazione talora difficile sul piano clinico, ma con impatto decisivo sul piano prognostico e terapeutico. Non è comunque l'unico esame neuroradiologico da eseguire, anche se in taluni condizioni, può in effetti concludere l'iter diagnostico. Nei casi in cui l'indagine TC risulta negativa (Fig. 1A), dubbia o comunque incongrua con il quadro clinico la RM consente di approfondire l'indagine sulla morfologia dell'encefalo.
E' nota peraltro la tradizionale insensibilità della TC nel documentare la presenza di un danno ischemico entro le primissime ore dall'esordio della clinica. In realtà in alcuni casi, già in fase precoce, è possibile, in mani esperte, individuare segni iniziali di danno tissutale quali i più bassi valori di attenuazione densitometrica (segno di edema citotossico) od anche l'iperdensità delle arterie (segno di occlusione), reperti peraltro scarsamente apprezzabili anche con l'esame RM di base (12) (Fig.1B).

RM
Esame convenzionale

Come accade per la TC, anche l'imaging RM convenzionale con sequenze pesate in T2 (FSE o FLAIR), particolarmente sensibili alle variazioni del contenuto idrico tissutale (e quindi all'edema), è frequentemente negativo in fase iperacuta in virtù del fatto che solo il 3% della modesta imbibizione idrica del citoplasma cellulare è costituito da acqua in forma libera che è l'unica capace di alterare l'intensità del segnale RM.

Studio di diffusione
L'imaging di diffusione studia la diffusività dell'acqua, cioè il movimento random microscopico delle molecole d'acqua indotto dall'energia termica, utilizzando sequenze Spin Echo (SE), acquisite con tecnica ecoplanare, a cui è stata aggiunta la pesatura in diffusione che le rende sensibili al movimento delle molecole d'acqua. In rapporto alle variazioni di tale variabile è possibile caratterizzare i tessuti in tempi brevissimi e quindi individuare con certezza, senza alcuna difficoltà, l'ischemia iperacuta.
In particolare, in presenza di una lesione ischemica in fase iperacuta, vi è la riduzione dell'apporto ematico per cui si rendono indisponibili substrati essenziali al metabolismo cerebrale; ne consegue una riduzione di adenosina trifosfato (ATP), un danno della pompa di membrana degli ioni Na+-K+ incapace di mantenere l'omeostasi intracellulare, un flusso di ioni Na+, Ca++ e Cl- dallo spazio extra-cellulare a quello intra-cellulare, un richiamo dal compartimento extra-cellulare di molecole d'acqua che si concentrano all'interno delle cellule che aumentano di dimensioni (edema citotossico). Ciò comporta la ridotta capacità di diffusione delle molecole d'acqua nello spazio intra-cellulare, condizione che viene visualizzata nelle immagini pesate in diffusione in forma di iperintensità dell'area patologica rispetto al tessuto cerebrale normale (6,10).
Lo studio di diffusione è altamente sensibile ed anche specifico. La sensibilità e la specificità aumentano quanto più precocemente è eseguito l'esame (entro 6 ore dall'evento acuto) e quanto maggiore è la durata della clinica. In particolare la sensibilità della diffusione nel documentare una lesione ischemica entro 6 ore dall'inizio dei sintomi è approssimativamente del 90%; i falsi negativi sono di solito dovuti a lesioni piccole (intorno al millimetro) e/o localizzate in aree di difficile studio. La specificità della diffusione è invece molto vicina al 100% se eseguita correttamente .
Rispetto all'imaging RM convenzionale, ma anche alla TC, lo studio di diffusione è quindi sicuramente superiore, delineando chiaramente l'area ischemica (5,11) (Fig.1C).
In pazienti con infarti multipli, l'imaging di diffusione, in aggiunta all'imaging RM convenzionale, permette di determinare l'età delle lesioni e quindi di definire la lesione che in quel momento è responsabile della sintomatologia in atto. In presenza di due o più lesioni, iperintense nelle immagini RM T2 convenzionali, è infatti possibile differenziare lesioni pregresse (isointense nelle immagini pesate in diffusione) da lesioni recenti (iperintense in diffusione) anche di piccole dimensioni, rendendo possibile un'accurata correlazione tra clinica e sede della lesione (1) (Fig.1B-C).
Uno studio negativo in diffusione non esclude però la diagnosi di ischemia. Non in tutti i pazienti con quadro tipico di stroke viene infatti riscontrata un'alterazione di segnale in diffusione. In alcuni casi si tratta di pazienti con sintomi clinici dovuti a TIA con completo recupero o a eventi non ischemici o a ipoperfusioni sintomatiche (3); in altri lo studio di diffusione può essere stato eseguito prima che l'ischemia abbia dato un franco infarto; in altri ancora, la sede particolare delle lesioni (fossa cranica posteriore) o le piccole dimensioni (al di sotto della risoluzione spaziale dell'apparecchiatura) sono responsabili della loro mancata visualizzazione. La risoluzione spaziale è comunque tale da permettere di documentare anche lesioni millimetriche.
Per quanto riguarda il follow-up (4,14), l'area patologica, iperintensa in diffusione, può:
1) rimanere uguale e diventare la necrosi finale;
2) ridursi o scomparire spontaneamente in rapporto alla durata dell'occlusione (evento comunque sicuramente infrequente) o per effetto della terapia. In particolare l'impiego precoce dei farmaci trombolitici impiegati anche per via sistemica riduce l'ampiezza della lesione e spesso permette la "restitutio ad integrum" dell'area colpita, mentre di contro, in pazienti non sottoposti a fibrinolisi, le alterazioni in diffusione si correlano molto bene con le dimensioni finali dell'infarto;
3) aumentare a causa di ripetuti episodi ischemici subclinici. In tal caso l'accrescimento della lesione ischemica è di tipo eterogeneo e può verificarsi dopo alcune ore, potendo essere influenzato dallo stato di perfusione tissutale e dalla presenza di circoli collaterali.

Studio di perfusione
L'imaging di perfusione studia l'emodinamica microvascolare, utilizzando sequenze ultrarapide e bolo di mezzo di contrasto (mdc) paramagnetico (gadolinio - Gd) (9). In particolare in condizioni di perfusione ematica normale (con barriera ematoencefalica intatta), il Gd, rimanendo compartimentalizzato (confinato cioè nello spazio intravascolare senza passare in quello extracellulare), in virtù degli effetti di suscettibilità magnetica responsabili del defasamento degli spin, comporta la caduta dell'intensità di segnale in T2 non solo nei vasi ma anche nella regione cerebrale perfusa. Nonostante i vasi rappresentino solo il 5% del tessuto cerebrale, per effetto della compartimentalizzazione del Gd, la perdita di segnale durante il suo passaggio attraverso il letto capillare interessa circa il 50% di esso. Se invece la perfusione ematica di una specifica regione cerebrale è compromessa, vi è un ritardo o un'attenuazione della perdita di segnale (da suscettibilità magnetica) variabile in rapporto al grado di riduzione del flusso ematico. Non solo, in virtù del rapporto diretto di tale decremento di segnale con la concentrazione del mdc e quindi con il volume ematico cerebrale (CBV) è possibile definire delle mappe parametriche di CBV caratterizzate da una riduzione dell'intensità di segnale nell'area ischemica.
La principale utilità dell'imaging di perfusione nell'ischemia cerebrale non è in fase iperacuta (come per la diffusione) ma nelle ore successive (fase acuta) per la valutazione della penombra ischemica cioè di quell'area ischemica posta perifericamente al "core" dell'infarto la cui perfusione e vitalità neuronale dipendono dalla severità dell'ischemia e dall'entità del circolo collaterale.

Studio combinato di diffusione e perfusione
L'uso combinato dell'imaging RM di perfusione e diffusione fornisce migliori risultati di quelli delle singole metodiche, soprattutto nel predire l'evoluzione dell'infarto e l'outcome, e quindi nel guidare la terapia (6,13).
Si possono individuare 6 possibili pattern di lesioni associate in diffusione e perfusione:
1) Danno in perfusione maggiore di quello in diffusione.
E' il più frequente (55-77% dei casi), specie se lo studio è effettuato entro 6 ore dall'attacco ischemico. In tal caso nelle lesioni iperacute sia la perfusione che la diffusione sono entrambi estremamente ridotti (nonostante la negatività del reperto TC e/o RM di base). L'area con ridotta diffusione è però generalmente più piccola dell'area di ridotta perfusione che invece include l'area di penombra (Fig.1D). Dal punto di vista evolutivo le lesioni iniziali in perfusione rappresentano la massima dimensione possibile dell'infarto e, in assenza di ulteriore occlusione vascolare o chiusura dei circoli collaterali, il peggiore outcome clinico.
2) Danno in perfusione uguale a quello in diffusione.
3) Danno in perfusione inferiore a quello in diffusione.
In tal caso probabilmente vi è una riperfusione prima dell'esame RM ma dopo l'inizio del danno tissutale irreversibile. Si può anche pensare alla comparsa di circoli collaterali o all'allargamento della zona ischemica al di là del deficit iniziale di perfusione.
4) Presenza di deficit di diffusione e non di perfusione.
5) Presenza di deficit di perfusione e non di diffusione.
E' di solito associato a un deficit neurologico transitorio.
6) Assenza di lesioni sia in diffusione che perfusione, nonostante la positività della clinica. La presenza di un deficit precoce di perfusione più ampio di quello in diffusione (pattern 1)
5) indica la presenza di tessuto a rischio nella penombra ischemica, che può quindi essere salvato con il ripristino terapeutico del flusso ematico (terapia di riperfusione). Quando invece i deficit di perfusione sono assenti o più piccoli di quelli in diffusione (pattern 2, 3 e 4), risultano più appropriate le strategie terapeutiche con farmaci neuroprotettivi.

Angio-RM
Per l'identificazione dei candidati per la trombolisi è necessario sapere se c'è effettivamente un'alterazione occlusiva vascolare: in tal caso lo studio angiografico con RM in fase acuta ha un ruolo importante (2). In particolare con l'angio-RM è possibile una valutazione di tipo morfologico della perfusione. Essa infatti consente di visualizzare, con buona definizione anatomica e sufficiente sensibilità e specificità, i vasi del poligono del Willis e quindi il vaso occluso di pertinenza dell'area cerebrale ischemica. Qualche volta può essere la chiave per la diagnosi eziologica (in tal caso è utile l'estensione allo studio dei vasi del collo) od anche strumento di monitoraggio terapeutico. Tutto questo senza alcuna invasività ma con alcuni limiti (minore risoluzione spaziale e temporale) rispetto all'angiografia digitale che comunque rimane l'indagine di elezione qualora l'ipotesi di vasculite, dissezione od embolia rimanga dubbia, ed anche esame esaustivo nel sospetto di trombosi venosa cerebrale.

Conclusioni
In definitiva il neuroradiologo ha oggi a disposizione molteplici possibilità di indagare gli aspetti lesionali e fisiopatologici dello stroke.
L'ideale sarebbe poter espletare in tutti i casi entro le prime ore dall'ictus tutte le indagini neuroradiologiche summenzionate. In tal caso il protocollo deve comprendere:
1. esame TC;
2. esame RM di base, quando possibile e necessario, per confermare l'ipotesi clinica e per escludere altre evenienze di deficit neurologico improvviso (non ischemiche);
3. studio RM di diffusione (per valutare l'entità del danno) e di perfusione (per valutare l'entità di tessuto vitale); naturalmente entrambi gli studi vanno eseguiti solo se il paziente arriva alla nostra osservazione entro 3-6 ore dall'evento acuto altrimenti un'adeguata terapia non sarebbe efficace;
4. angio-RM per dimostrare con certezza il difetto di canalizzazione per poter iniziare una terapia fibrinolitica.
In tal modo è possibile avere in appena 15-20 minuti una valutazione morfologica e fisiopatologica dell'ischemia utile anche ai fini prognostici.
Tutto questo non sempre è possibile. Molto dipende dalle situazioni ambientali (metodiche disponibili, tempo a disposizione, collaborazione del paziente, competenze specifiche). E ' comunque indispensabile garantire sempre e comunque in tutti i casi un esame TC (correttamente eseguito ed interpretato), un esame RM di base (in caso di TC negativa), un'angio-RM.

Bibliografia
1) Altieri M, Metz RJ, Muller C et al: Multiple brain infarcts: clinical and neuroimaging patterns using diffusion-weighted magnetic resonance. Eur Neurol 42(2):76-82,1999
2) Atlas SW: MR angiography in neurologic disease. Radiology 193:1-16,1994
3) Ay H, Buonanno FS, Rordorf G, Schaefer PW et al: Normal diffusion-weighted MRI during stroke-like deficits. Neurology 52(9):1784-1792, 1999
4) Barber PA, Darby DG, Desmond PM et al: Prediction of stroke outcome with echoplanar perfusion and diffusion weighted MRI. Neurology 51:418-426,1998
5) Barber PA, Darby DG, Desmond PM et al: Identification of major ischaemic change: Diffusion-weighted imaging versus computed tomography. Stroke 30(10):2059-2065,1999
6) Cosnard G, Duprez T, Grandin C et al: Diffusion and perfusion-weighted MR imaging during the hyperacute phase of stroke. J Radiol 81(8):858-869,2000
7) Detre JA, Leigh JS, Williams DS et al: Perfusion imaging. Magn Reson Med 23:37- 45,1992
8) Hacke W, Kaste M, Fieschi C et al: Intravenous thrombolysis with recombinant tissue plasminogen activator for acute hemisferic stroke. The European Cooperative Acute Stroke Study (ECASS). Jama 274:1017-1025,1995
9) Li TQ, Chen ZG, Hindmarsh: Diffusion-weighted MR imaging of acute cerebral ischemia. Acta radiologica 39:460-473,1998
10) Lovblad KO, Laubach HJ, Baird AE et al: Clinical experience with diffusion-weighted MR in patients with acute stroke. AJNR 19:1061-1066,1998
11) Maeda M, Abe H, Yamada H et al: Hyperacute infarction: a comparison of CT and MRI, including diffusion-weighted imaging. Neuroradiology 41(3):175-178,1999
12) Marks MP, Homgren EB, Fox et al: Evaluation of early computed tomography findings in acute ischemic stroke 30(2): 389-392,1999
13) Ueda T, Yuh WT, Maley JE et al: Outcome of acute ischemic lesions evaluated by diffusion and perfusion MR imaging. AJNR 20(6):983-989, 2000
14) Weber J, Mattle HP, Heid O et al: Diffusion-weighted imaging in ischaemic stroke: a follow-up study. Neuroradiology 42(3):185-191,2000
15) Yoshura T ,Wu O, Sorensen:Advanced MR techniques: dffusion MR imaging,perfusion MR imaging and spectroscopy.Neuroimaging Clin N Am 9(3):439-453,1999

Didascalie


Fig. 1
Paziente di 65 anni con emiparesi dx valutato a 6 ore dall'esordio clinico.
L'indagine TC (A) ed RM EPIT2 pesata (B) mettono in evidenza lesioni ischemiche lacunari localizzate nei centri semiovali e una ridotta rappresentazione degli spazi liquorali periencefalici (segno indiretto di ishemia iperacuta) alla convessità cerebrale fronto-parietale sx.
A tale livello lo studio RM di Diffusione (C) documenta un'ampia area di iperintensità di segnale cortico-sottocorticale congrua con la sintomatologia del paziente, mentre lo studio RM di Perfusione (D) evidenzia un'area di mancata perfusione.


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